Il clima con i suoi deteriori cambiamenti, così come le pandemie, non teme né confini né dogane: è un fenomeno globale. Per questa ragione le soluzioni da adottare non potranno arrestarsi nemmeno di fronte ai princìpi apparentemente incancellabili della “sovranità nazionale” e dovranno inaugurare un tempo nuovo del Diritto internazionale. È per questo che Papa Francesco si dedica con passione e impegno all’azzeramento delle immissioni di anidride carbonica nell’atmosfera da parte delle nazioni che ne producono attualmente la parte maggiore.
L’iniziativa di collegare ben 40 leader religiosi mondiali per firmare un documento comune da presentare alla Cop26 di Glasgow (Conferenza Onu sul cambiamento climatico, 31 ottobre – 12 novembre) ha il senso di un grido diretto ai potenti in difesa della vita. È urgente un “cambio di rotta” del pianeta, e le religioni – ha detto il Papa – devono testimoniare “un amore che si estende a tutti, oltre le frontiere culturali, politiche e sociali; un amore che integra, anche e soprattutto a beneficio degli ultimi”. Un documento che indica due piani essenziali verso i quali muoversi: azione ed educazione.I r appresentanti delle religioni hanno sottoscritto l’impegno a “offrire importanti contributi” attraverso “percorsi educativi e formativi”.