In un giorno come quello del 29 giugno festa degli apostoli Pietro e Paolo, colonne della Chiesa, può essere confortante la rilevazione statistica dell’indagine svolta da Eurisko per conto de La repubblica secondo cui nel nostro Paese l’87 per cento si dicono cattolici e hanno stima per il Papa. Da anni si va dicendo che la religione è in calo e che la Chiesa subisce il logorio da una parte del processo di secolarizzazione, dall’altra della avanzata di altre religioni vecchie e nuove e delle sètte che fanno proseliti. E tuttavia, andando a guardare con maggiore attenzione si vede che anche tra i cattolici, come nelle grandi religioni mondiali, come osserva Enzo Pace, presidente della Società internazionale di Sociologia della religione dell’Università di Padova, c’è un “deficit d’autorità”: “La società moderna più libera chiede alle religioni di accettare il principio dell’autonomia del credere”. In altre parole, non si crede più per l’influsso di un’autorità superiore religiosa che pone fine ai dubbi personali affermando una verità cui ci si deve adeguare, ma si adatta la fede alle esigenze individuali, cercando così di liberarsi dalle strettoie di quella che Bergson, più di cinquant’anni fa, chiamava la ‘religione chiusa’ in contrapposizione con la ‘religione aperta’. Nell’indagine Eurisko, infatti, il 67 per cento degli intervistati afferma che le religioni sono forme diverse della stessa fede. E tuttavia i cattolici, e non solo loro, hanno grande stima di Giovanni Paolo II. Sembra una contraddizione. Ma penso che non lo sia. Il Papa, infatti, risponde ad un “deficit d’autorità” con la sua testimonianza di vita e con il suo magistero cattolico e nello stesso tempo allarga gli spazi della fede essendo aperto al dialogo con le confessioni e le grandi religioni e, a mio avviso, con lo stile del suo linguaggio in cui si armonizzano slanci mistici e intuizioni poetiche. Nella recente vicenda della guerra in Iraq è stato riconosciuto come un leader mondiale spirituale. Ha dato respiro religioso non confessionale, e tuttavia radicato nell’etica cristiana e nella vocazione cattolica della Pacem in terris. Nel giorno di Pietro e Paolo i cattolici possono tornare almeno per un momento a rincuorarsi e sognare che ancora “c’è tanta gente che mi appartiene in questa città”, come Gesù disse in sogno a Paolo. E ciò dà coraggio anche ai tanti preti giovani che il 29 giugno ricevono la loro ordinazione sacerdotale e a quelli, più anziani, come me che ricordano la loro di pochi o tanti anni fa. Il legame tra la loro vocazione e la fede dei fedeli è tuttora saldo e l’una e l’altra si tengono insieme per una vita religiosa senza dubbiose tergiversazioni e senza anguste mutilazioni della libertà di coscienza e di sentimento.
29 Giugno
AUTORE:
Elio Bromuri