“Con gioia e gratitudine al Signore e a tutte le persone che sono state suoi strumenti di bene nella mia vita, il 12 settembre alle ore 18 celebro i venticinque anni del mio presbiterato, affidando alla Madonna delle Grazie il prosieguo del mio cammino a servizio di Dio e della Chiesa”. Con queste parole nella newsletter di collegamento della diocesi, il Nuntium , il vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti invita tutti, amici e fedeli, a partecipare alla messa che sarà celebrata da lui e dal cardinale Gualtiero Bassetti. Mons. Giulietti non desidera ricevere regali ma desidera “invece raccogliere offerte per il Centro vocazionale e spirituale diocesano ‘Tabor’, alla cui storia è in parte legata la mia vocazione”.
Mons. Giulietti, nato il primo gennaio 1964, dopo la formazione al Seminario regionale umbro e gli studi in Teologia presso l’Istituto Teologico di Assisi, ha conseguito la Licenza in Teologia pastorale con specializzazione in pastorale giovanile presso il dipartimento di Pastorale giovanile e catechetica dell’Università Pontificia salesiana. Una specializzazione che 10 anni dopo l’ordinazione presbiterale, ricevuta nella Cattedrale di San Lorenzo il 29 settembre 1991, lo ha portato al Servizio nazionale per la Pastorale giovanile di cui è stato responsabile dal 28 settembre 2001 al 29 settembre 2007.
Nei suoi 23 anni da prete (dal 2014 è vescovo titolare di Termini Imerese e ausiliare di Perugia-Città della Pieve) ha avuto molti e diversi incarichi ecclesiali tra i quali direttore dell’Ufficio diocesano e incaricato regionale di Pastorale giovanile, assistente diocesano del Settore giovani di Azione cattolica, dell’Acr e poi della Fuci, docente di metodologia e didattica dell’insegnamento della religione cattolica presso l’Istituto Superiore di Scienze religiose di Assisi. Importante nella sua vita il periodo in cui è stato responsabile e formatore degli Obiettori di coscienza della Caritas diocesana e assistente spirituale della Comunità di accoglienza per detenuti della Caritas di Perugia e il servizio da parroco delle parrocchie di Ponte San Giovanni, Pieve di Campo e Balanzano. Attualmente, oltre ad essere Vescovo ausiliare, è assistente spirituale della Confraternita di San Jacopo di Compostella in Perugia, presidente dell’Associazione “Hope”, membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Giovanni Paolo II per la gioventù, e ancora altro.
Mons. Giulietti, come sono stati questi 25 anni?
“Sono stati anni intensi, perché sono stato chiamato di volta in volta a servire la Chiesa in luoghi, ruoli e modalità diversi, che mi hanno molto arricchito. Ci sono alcuni rimpianti, perché, guardando indietro, vedo che avrei potuto vivere meglio tutte queste esperienze; c’è però soprattutto gratitudine a Dio e a tutte le persone che in questi anni ho potuto conoscere e con le quali ho camminato insieme. Devo tanto soprattutto ai giovani, che molto mi hanno chiesto e moltissimo mi hanno donato”.
Nessun dubbio, o crisi?
“Non sono mancati i momenti in cui avrei voluto essere altrove, avere a che fare con persone diverse o aver preso decisioni migliori; come non sono mancate le delusioni e gli errori. Penso però che questo faccia parte della storia di ognuno. La fedeltà alla propria vocazione – come accade anche nel matrimonio – fa strutturalmente i conti con l’esperienza del limite e con la crisi. Ma le crisi possono anche far crescere. Anzi, personalmente tendo più a ricordare gli insuccessi che le soddisfazioni, forse proprio perché ho imparato più in quei casi che quando tutto è filato liscio”.
Oggi è Vescovo ausiliare. Come è cambiato l’essere sacerdote?
“In senso proprio non sono più prete, come una volta prete non sono stato più diacono. D’altra parte dico spesso che mi hanno ordinato vescovo, ma di ‘mestiere’ continuo a fare il vicario generale. Per cui potrei direi che è cambiato molto, pur cambiando poco. È cambiato molto, perché vivo la Chiesa in modo differente da prima, partecipando al collegio episcopale e condividendo la ‘sollecitudine per tutte le Chiese’. È cambiato poco, perché il quotidiano servizio alla diocesi come vicario generale mi chiede di occuparmi delle stesse cose di cui mi interessavo prima e nella medesima modalità di azione”.
Sua mamma, che le è accanto dal Cielo, quanto ha inciso nella sua vocazione e la Madre Celeste, la Madonna delle Grazie, quanta “influenza” ha nella sua missione di pastore della Chiesa?
“Devo moltissimo ai miei genitori e alla mia famiglia; in particolare da mia madre ho imparato la ricerca dell’essenzialità e della concretezza nel servizio agli altri. Quando passo in cattedrale e mi fermo davanti alla bella immagine della Madonna delle Grazie, mi piace interpretare il “gesto delle mani” come una materna raccomandazione a fare bene e a non combinare guai. Sono poi devoto della Madonna di Loreto, che è la vergine del “sì” ai progetti di Dio, anche quando si capiscono a fatica”.
È stato ordinato presbitero il 29 settembre, giorno della festa liturgica di san Michele Arcangelo, principe della Milizia Celeste. Si sente un miliziano-difensore della Chiesa che papa Francesco esorta ad essere “in uscita” e “povera per i poveri”?
“Mi piace l’immagine della Chiesa come popolo “militante”, che prende parte con passione alle vicende del mondo. Papa Francesco ci incoraggia ad uscire dalle sagrestie fisiche e mentali in cui a volte ci chiudiamo per fare la nostra parte nella storia, per lasciarvi un’impronta di bene, come ha detto ai giovani a Cracovia. Il miles è uno che combatte: prima di tutto dentro se stesso, per divenire libero davvero, poi in opposizione al male che c’è in giro. Mai però contro le persone”.