I numeri dell’indagine di Unioncamere Umbria sulla salute del sistema produttivo regionale nel quarto trimestre 2012 sono quasi tutti con il segno “meno” e descrivono una situazione peggiore di quella delle altre regioni del centro Italia. Calo di produzione, di fatturato e ordinativi per le imprese manifatturiere, calo dei consumi e quindi delle vendite per quelle commerciali, con tante aziende che chiudono.
L’economia umbra è quindi ancora nel tunnel dopo quattro anni di crisi, ma ci sono anche segnali positivi. Il primo è che in Umbria l’export continua a crescere e che le aziende che riescono a vendere e operare nei mercati internazionali sono in salute, investono ed assumono. L’altro elemento positivo è che in una regione dove per decenni si è vissuto all’insegna dello slogan “piccolo è bello” adesso crescono le società di capitale, meglio strutturate per confrontarsi anche sui mercati internazionali dove, con la globalizzazione, ci sono più concorrenza ma anche più opportunità di sviluppo.
“Non stiamo vivendo un momento di crisi ma un cambiamento epocale” ha detto il presidente di Unioncamere Umbria, Giorgio Mencaroni, illustrando alla stampa l’indagine congiunturale. La crescita dell’export del made in Umbria, l’incremento delle società di capitale e la voglia di investire da parte di molte aziende sono la dimostrazione che tra gli imprenditori c’è “coraggio e capacità di reagire”. “Non sono più i tempi – ha aggiunto – di imprenditori che nascono e muoiono operando nello stesso settore. Bisogna avere il coraggio di rivedere e, se necessario, anche di stravolgere organizzazione ed attività delle nostre aziende”.
Quali sono dunque i settori strategici? Secondo il presidente di Unioncamere, la qualità della vita, i paesaggi e le bellezze artistiche sono una risorsa che l’Umbria deve tutelare e promuovere. Il turismo è sicuramente uno dei “cavalli di battaglia” della nostra regione, ma anche i prodotti della terra e il settore agroalimentare. Le “norcinerie”, ad esempio, non sono sufficientemente promosse.
Per l’agricoltura, l’Umbria deve sfruttare di più il fascino dell’ambiente incontaminato, puntando sul biologico e su prodotti con un valore aggiunto, dove la qualità prevale sulla quantità. Vino e olio vanno legati di più alle suggestioni del territorio, privilegiando il marchio Umbria rispetto a quello delle varie zone di produzione. Per il manifatturiero bisogna puntare su alcune eccellenze, come dimostra il successo del cashmere e delle aziende dell’innovazione che sono diventate leader mondiali in settori come quelli dell’aereospazio e delle energie rinnovabili.
Secondo Mencaroni, può esserci spazio anche per le aziende di costruzione, un settore molto importante e molto in crisi in Umbria. Servono però scelte politiche ed urbanistiche che mirino al recupero del territorio, facendo diventare più conveniente l’abbattimento e la riconversione di edifici esistenti rispetto alla costruzione di quelli nuovi. Senza dimenticare poi l’importanza della cultura e a Perugia, in particolare, dell’Università che è anche una significativa realtà economica, con migliaia di studenti provenienti da fuori regione.
“La crescita dell’export in un momento così difficile – ha sottolineato Mencaroni – è anche la dimostrazione del successo delle iniziative di sostegno e promozione del nostro sistema imprenditoriale condotte da Camere di commercio, Regione ed istituzioni locali”.
Economia umbra: come uscire dal tunnel
AUTORE:
Enzo Ferrini