11 settembre. Un anno dopo

A pochi giorni dall’anniversario dell’11 settembre, si fa acuta una specie di trepida attesa che la catastrofe terroristica possa ripetersi, mentre giornali e televisioni si cimentano nel fare bilanci e previsioni. Esperti e giornalisti discutono con punti di vista tra catastrofisti e rassegnati. E’ stato giustamente detto che quell’attacco nel cuore degli Stati Uniti costituisce una svolta epocale e che d’ora in poi la storia contemporanea si dovrà scandire tra il prima e il dopo l’11 settembre 2001. Quel fatto tragico è considerato il più devastante e sanguinoso della storia del terrorismo ed è stato volutamente qualificato in senso religioso e realizzato nel modo che più spettacolare non si può immaginare. Ora si pone la domanda: che cosa è cambiato e cosa ci si deve aspettare? Nessuno può dare una risposta sicura e definitiva. Quello che sembra certo è che il mondo islamico che Osama Bin Laden voleva lanciare in una guerra santa contro il mondo occidentale non è esploso, ma si è limitato ad applaudire. Lo scontro di civiltà non si è realizzato ed anche Samuel Huttington che l’aveva previsto sta cercando nuove interpretazioni della storia che continua su altri binari. E’ questo anche il senso di un recente scritto di Gilles Kepel dal titolo “L’errore di Osama. L’Islam non è esploso. Bin Laden ha fallito” (Corr Sera del 4 set.). Kepel è uno degli studiosi tra i primi ad avvertire l’importanza della religione nelle dinamiche culturali e sociali del nostro tempo. Nel 1991 ha scritto un libro pubblicato in Italia da Rizzoli su “La rivincita di Dio. Cristiani, ebrei e musulmani alla riconquista del mondo”, in cui misurava il peso di queste religioni tra le popolazioni in cui sono osservate. Nello stesso periodo si poneva il dito sul fenomeno della religiosità che si manifestava anche in forme bizzarre, come è scritto nel libro di Furio Colombo, “Il Dio d’America”. Nel nostro piccolo, anche noi negli stessi anni abbiamo fatto un convegno a Perugia e pubblicato sulla rivista Una città per il dialogo sul “Ritorno (anche selvaggio) del sacro”. Tutto questo per dimostrare che la profezia laica e quella marxista della fine della religione e del suo influsso sociale erano finite nel cestino, ma anche per costatare che il ritorno della religione nell’apprezzamento e nella vita delle persone doveva essere osservato e guidato, perché nella mani di persone interessate o fanatiche poteva diventare un’occasione di divisione e un’arma di conflitto. Ebbene, si è dovuto costatare che vi sono persone e gruppi disposte a usare la religione per giustificare azioni di violenza. Tuttavia Kepel afferma che Ben Laden ha fallito, la guerra santa non c’è stata, anzi i capi religiosi islamici, tranne alcuni di secondo rango, hanno gettato acqua sul fuoco, e il vero scontro sta in Palestina e, se vi sarà l’attacco all’Iraq si potrà estendere in maniera imprevedibile. Come dire che i problemi sono politici e non religiosi e vanno affrontati a questo livello, tenendo in disparte il ricorso a qualsiasi tipo di fede. L’11 settembre inoltre tra i religiosi cristiani e musulmani ha prodotto due diversi atteggiamenti: da una parte ci si è resi conto che la religione può essere usata ancora efficacemente, come nei martiri assassini delle Torri gemelle e della Intifada palestinese a giustificazione di azioni terroristiche. Dall’altra che i moderati e i progressisti musulmani che sperano in una progressiva modernizzazione dei loro popoli si sono resi più disponibili all’incontro e al dialogo. Mai come in quest’anno ci sono state pubblicazioni realizzate in chiave pacifista e incontri di dialogo tra cristiani e musulmani. L’ultimo di questi si è svolto, in una cornice pluralistica, a Palermo (vedi pagina 9) ed ha visto la partecipazioni di rappresentanti qualificati del mondo musulmano che hanno pubblicamente affermato la volontà di perseguire i fini dello sviluppo dei loro paesi e la soluzione dei conflitti bellici ritenendo che anche per loro la dottrina di fede è rivolta a comportamenti responsabili e rispettosi della vita degli esseri umani, perché non c’è alcun Dio che non comandi la pace. La paura, che spinge alla fuga o a rispondere con le armi, deve far posto alla speranza.

AUTORE: Elio Bromuri